E’ la domanda che il logopedista si sente porre più spesso: “il mio bambino ha difficoltà nel linguaggio, è troppo presto per una visita?”
Partiamo da un presupposto. Non c’è una risposta esatta.
I logopedisti, e alcuni pediatri, risponderanno in coro: “il prima possibile!”; altri sceglieranno una strada più cauta e consiglieranno di stare a vedere, che poi magari con la crescita, con l’asilo, con gli amichetti…
Gli studi scientifici ci dimostrano che non è possibile generalizzare, ma ci sono alcuni aspetti che val la pena di prendere in considerazione per dare un’indicazione valida per ogni bimbo.
Il primo elemento discriminante è l’età.
I 3 anni rappresentano una data significativa e se ancora il linguaggio non è comparso, è fermo da tempo o molto alterato, non ho dubbi che sia necessario ricorrere allo specialista.
Possiamo concederci ancora qualche mese se si tratta di piccoli difettucci, qualche lettera mancante in un linguaggio comprensibile (non solo a mamma, papà e frequentatori abituali, ma anche al passante di turno che saluta il bambino e lo riesce a identificare come nativo dello stesso stato, per lo meno!). Diamogli il tempo di avviarsi alla scuola materna, valutando se ne ricava un input positivo e stimoliamolo un pò di più a casa, senza essere mai insistenti e molesti. Se niente di smuove, rivolgiamoci allo specialista.
Oltre i 4 anni invece non posso che domandarti: “che cosa stai aspettando?!”
La risposta si complica quando siamo attorno ai 2 anni. La cautela è d’obbligo, perchè nessuno vuole appiccicare etichette precoci addosso a un piccolino, e provocare ansie e preoccupazioni nei genitori. Ma al contempo intervenire presto rende tutto più facile rispetto a una corsa contro il tempo perchè “tra due mesi comincia la scuola, dice solo mamma e papà e nessuno lo capisce, vorrei che cominciasse le elementari parlando correttamente!!”.
In questo caso, altri fattori ci vengono in aiuto.
Qual’è il livello di comprensione? se il piccolino mostra di capire le nostre richieste e riusciamo a interagire con lui senza grosse difficoltà, possiamo stare un pò più tranquilli; se quando parliamo abbiamo la netta sensazione che non comprenda il messaggio, non perdiamo tempo e chiediamo una consulenza.
Ricordati che la comprensione del linguaggio si sviluppa sempre prima e la produzione richiede che essa abbia raggiunto un buon livello di adeguatezza.
Utilizza azioni, gesti e mimica adeguati per farsi capire? se la risposta è sì, il vostro bimbo sta utilizzando un linguaggio non verbale, che al momento è sufficiente per farvi comprendere le sue necessità, trasmettervi piccoli messaggi e interagire con voi. Fin che è soddisfatto di ciò che ottiene, non cercherà altre vie di comunicazione. Quando le sue esigenze si faranno più complesse, il linguaggio orale diventerà uno strumento migliore per trasmetterle.
Le evidenze scientifiche dimostrano che, di fronte a un ritardo nello sviluppo linguistico, la presenza di un’adeguata gestualità comunicativa facilita il recupero del rallentamento.
Ovviamente stiamo parlando dei più piccoli, e la cosa va bene se evolve, e pian piano ai gesti si accompagnano parole e piccole frasi che andranno poi a soppiantarli. Se la modalità non verbale si consolida e rimane predominante o esclusiva nei mesi, è ora di stimolare la verbalità!
Utilizza le onomatopee? quando gioca, vede oggetti interessanti, riconosce persone, ricorre a suoni stabili per identificarle o attirare la vostra attenzione?
Se vede il gatto e ne fa il verso, questo va benissimo! Potete agganciarvi per riprodurre il suono insieme a lui, arricchendolo ogni volta con il nome “miao, il gatto!”. Diverso è se i suoni sono del tutto assenti o rari e poco stabili e non cerca mai di imitare vocalizzi.
Come reagisce se non riesce a farsi capire? la questione non è solo linguistica, ma anche psico – emotiva. Se vostro figlio cerca di comunicare ma il suo tentativo non va a buon fine e lui comincia a reagire in modo negativo, con aggressività o disperazione, il suo atteggiamento manifesta disagio e non è il caso di sottovalutare ciò che ci sta trasmettendo. Richiamo di instaurare un circolo vizioso che associa sentimenti negativi all’interazione con l’altro.
Altri indicatori maggiormente clinici, ma da prendere in considerazione, sono la ricorrenza di otiti importanti nel primo anno di vita e la presenza di problematiche di linguaggio o apprendimento nella famiglia.
Riassumendo: se tuo figlio ha compiuto 2 anni, non sembra comprendere le più semplici richieste verbali, non emette alcun suono o lo fa in modo instabile e dissociato dal bersaglio al quale vuole riferirsi, non ricorre a gesti, mimica o azioni espressive per comunicare, ha reazioni negative quando non viene compreso, un colloquio con il logopedista o il neuropsichiatra è la scelta giusta. Anche se si tratta solo di alcun di questi aspetti.
Ricordati che il logopedista non si occupa solo del trattamento, ma svolge anche attività di counselling che consiste nell’incontrare i genitori, con il bambino ma anche da soli, svolgere un’accurata anamnesi e dare utili consigli per intervenire nel quotidiano, monitorando a distanza l’evolversi della situazione e decidendo se sia il caso di iniziare un trattamento vero e proprio, o sia sufficiente fornire indicazioni strategiche alla famiglia per favorire uno sviluppo più armonico ed equilibrato.
La farmacologia fa parte della nostra vita quotidiana. I farmaci sono importanti, salvano la vita,…
La prima visita è sempre un momento delicato. Lo è per la persona che la…
“Grazie per il tuo sguardo bello, per la tua accuratezza. E’ stato un lavoro molto…