Reuven Feuerstein, ideatore del metodo Feuerstein. Professore di Psicologia e Pedagogia. Fondatore dell’istituto Icelp a Gerusalemme, per lo sviluppo del potenziale di apprendimento.
Nel 2015 mi sono imbattuta nel metodo Feuerstein e ho iniziato un percorso di formazione.
All’epoca rimasi molto positivamente impressionata dalla sua impronta teorica, e solo per vicissitudini personali non ebbi più l’occasione di proseguire con questo cammino.
Recentemente mi è capitato un libro tra le mani: “Come insegnare l’intelligenza ai vostri bambini” di Nessia Laniado, riferito proprio alla metodica e comprato successivamente alla mia esperienza.
L’ho riletto trovandolo illuminante, forse ancora di più oggi nella mia veste di logopedista diventata mamma.
Da terapista, ho sempre sentito la mancanza di un approfondimento pedagogico parallelo a quello legato alle competenze di linguistica, deglutologia, vocologia etc…del quale la mia università si è dimostrata carente.
Occuparsi di tematiche di linguaggio, alimentazione e apprendimento nell’infanzia non può richiedere solo abilità tecnica e solide basi teoriche, ma anche sensibilità e consapevolezza che non possono derivare esclusivamente da carattere e personalità.
E’ necessario agire con intenzionalità, non seguendo l’istinto ma mettendo in campo delle strategie che supportino i piccoli nel giusto modo, sostenendoli non solo nell’evoluzione di un processo, ad esempio imparare a parlare, ma anche avendo attenzione per aspetti emotivi, attentivi, comportamentali e tanta cura e rispetto per la loro fiducia in sè stessi, ancora in costruzione.
Nel libro ho trovato interessanti spunti pratici, declinabili da terapista.
Al contempo sono e sarò nuovamente mamma. E non credo nella madre “da manuale”, concetto assolutamente deleterio da ridimensionare e dal quale allontanarci, perchè spesso fonte di insicurezza e inutile disagio per noi donne.
Penso piuttosto che con i figli serva senso critico, pazienza e capacità di rimettersi in piedi dopo ogni caduta, perchè esse saranno frequenti, imprescindibili, ma fonte di crescita e raramente non rimediabili.
Il contributo di un libro di questo genere è quello di guidarmi, con un linguaggio semplice e accessibile a chiunque, nel percorrere una strada che potrò delineare a mio piacere, portandomi però nello zainetto strumenti scelti per alleviare le fatiche quotidiane.
Sto scrivendo in prima persona ma il mio pensiero è rivolto a tutti gli educatori che ruotano attorno al bambino, alle mamme ma anche ai papà che sempre di più stanno rivestendo ruoli centrali nello sviluppo dei loro figli (ed era ora!).
Non pretendiamo di seguire un modello alla lettera, ma visualizziamoci piuttosto come capitani al timone di una nave: con una meta in mente, poche manovre da compiere, ma ben assestate, e flessibilità nel cambiare rotta in ogni momento senza paura di perdere di vista il traguardo.
Perchè le scelte possono essere molteplici, il contenuto creativo e personale, ma il fine sarà sempre il medesimo: guidare i nostri bambini nel mare ignoto della vita alla quale si stanno affacciando.
Senza sostituire, senza fare sconti, senza parare ogni colpo, ma agendo da mediatori nel rapporto con la realtà.
Il concetto di mediatore è centrale nel libro. Secondo Feuerstein il genitore (o l’educatore) ha il delicato compito di decodificare la realtà agli occhi del bambino, ponendosi come un ponte di collegamento tra i due.
Non un ostacolo ma un canale di connessione!
Per calarsi in questo ruolo è necessario tenere a mente alcuni principi fondamentali:
. L’intelligenza non è una caratteristica fissa, stabilita fin dalla nascita e immutabile, ma può essere insegnata e ampliata nel corso della vita, se guidata nella maniera corretta. E questo vale anche per chi parte da situazioni di svantaggio o disabilità.
. Da qui l’importanza di imparare a imparare, cioè di stimolare non tanto offrendo mille attività ed esperienze nelle quali il bambino viene semplicemente immerso e a volte sommerso, ma partecipare insieme a lui filtrando le proposte e aiutandolo a gestirle in modo attivo, attraverso la condivisione, il ragionamento, le domande, l’immaginazione…
. Il bambino vive l’esperienza e impara nozioni ma, grazie all’aiuto del mediatore, diventa anche consapevole dei suoi meccanismi di pensiero, di come ha agito e ragionato per ottenere quel risultato; egli sviluppa nuovi schemi mentali e impara la flessibilità di utilizzare comportamenti differenti per le situazioni variabili che si trova a fronteggiare, attribuisce un significato agli accadimenti e diventa sempre più autonomo nel muoversi nel mondo e trovare soluzioni adattive ( e questo cos’è, se non intelligenza?!).
. Non trascuriamo in questo percorso l’aspetto emotivo, sia dal nostro punto di vista, coltivando l’empatia cioè la capacità di riconoscere e saperci sintonizzare su ciò che sta provando l’altra persona, che da quello del bambino, aiutandolo a chiarire ciò che sente, dando un nome alle emozioni e rendendole parte integrante dell’apprendimento.
Perchè le capacità cognitive sono più potenti e stabili quanto più associate al vissuto interiore di quel momento (io non dimenticherò mai le dolci sensazioni di imparare le frazioni con le tavolette di cioccolato della maestra Fausta!).
Ma ricorda: tutto questo funziona sempre e solo se sono messo nelle condizioni di capire che cosa mi sta succedendo, perchè affiancato da qualcuno in grado di fare da interprete tra me e gli stimoli.
E' tempo di ricominciare... Dopo una lunga pausa finalmente riprendiamo a praticare insieme. La sessione…
Concludiamo il nostro viaggio nel libro "Come insegnare l'intelligenza ai vostri bambini" secondo le indicazioni…
“Grazie per il tuo sguardo bello, per la tua accuratezza. E’ stato un lavoro molto…